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Immagine del redattoreStefano Intintoli

Meritocrazia o felicitocrazia?



Il mondo del lavoro è dominato dalla parola meritocrazia:

“Se fai il bravo, ti do un premio”

In pratica, gli imprenditori trattano i dipendenti come bravi bambini o, peggio, come cagnolini in via di addomesticamento: se si comportano bene, ottengono una gratifica.

Comportarsi bene vuol dire spesso: fare orari assurdi, rimanere in azienda oltre l’orario richiesto da contratto, svolgere mansioni che sono di pertinenza, sostituire per lunghi periodi altri colleghi (malattia, gravidanza, trasferimento, licenziamento). Insomma, il dipendente viene sfruttato fino all’osso, si stanca, si stressa, diventando suscettibile ed irascibile.

Ma la responsabilità di chi è?

Solo e sempre la sua! A detta dell’imprenditore che raramente si assume le proprie responsabilità, percependo il disagio, anticipando le difficoltà e mettendo il dipendente in condizioni di lavorare decentemente.

Le emergenze esistono.

Il dipendente per brevi periodi di tempo può e deve aiutare l’imprenditore, nel limite delle sue possibilità, perché l’azienda in piccolissima parte è anche sua; se funziona l’attività lavorativa che egli ama, è tutto di suo interesse e tutto a suo vantaggio.

Brevi periodi…

Al dipendente, anzi, collaboratore (suona molto meglio, non trovi?!?) che non soddisfa questo surplus di lavoro messogli davanti per ottenere un premio (qualifica, aumento di stipendio, ferie nel periodo preferito, ore di permesso, scatto di livello, benefit) viene immediatamente comminata la minaccia:

“Guarda che posso assumere un’altra persona o chiederlo a

quel tuo collega tanto bravo… più bravo di te direi…”

Il collaboratore si trova tra due fuochi psicologici, tra due stress:

Mi sfinisco cercando di accontentare il titolare? Cedo, mi arrendo, dimostrandomi debole?

Come andrà a finire questa storia?

Potrebbe non finire mai, generando una spirale di rabbia

e paura, che non porterà a nulla di buono.

La storia però potrebbe modificare in corsa la sua trama:

Anziché la meritocrazia, perché non usare la felicitocrazia?

Premiare solo i collaboratori felici, coloro che lavorano con passione, con dedizione per la propria felicità e di conseguenza generando benessere materiale all’azienda.

Un dipendente efficiente non è colui che esegue tutto,

ma colui che lavora con felicità.

Caro imprenditore, caro collaboratore, vorresti entrare in un ambiente di lavoro dove tutti sorridono, lavorano in team aiutandosi l’uno l’altro senza competizione o già alle 9.00 sperimentare noia, pesantezza, paura, rabbia, perché entri in un vero e proprio campo di battaglia?

A te la scelta, qualunque sia il tuo ruolo in azienda:

meritocrazia o felicitocrazia?

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